giovedì 24 maggio 2018

L’antropologo e il suo rapporto con la scrittura

Il lavoro dell’antropologo è indissolubilmente legato alla scrittura. Insieme a Francesco Vietti, in questo incontro dedicato allo scrivere, abbiamo riflettuto sulle molteplici forme di scrittura e sui differenti contesti in cui l’antropologo può esercitare questa attività.

I due principali contesti in cui l’antropologo scrive sono il campo e l’accademia.

Le note di campo sono il primo tentativo di descrivere l’Altro. E possono comprendere descrizioni di sensazioni, mappe e disegni, parole e traduzioni e tutto ciò che in quel momento ci sembra più adatto per fermare su carta l’incontro con l’Altro. Tuttavia, è sempre necessaria un’ulteriore rielaborazione per tradurre e rendere esplicita “la natura orale e inconscia dei fenomeni” (Fabietti, 2012, p. 116). 

Come dimostra lo schema qui accanto:
“La scrittura, dopo essere risalita dall’alterità verso la differenza (producendo la monografia), e dopo aver superato dimensione orale e dimensione inconscia riportando la prima ad una traduzione (scritta) e la seconda a senso (esplicito), confluisce nel corpus etnografico per ridiscenderne sotto forma di precomprensione e per dirigersi nuovamente verso l’alterità, guidando le modalità di avvicinamento dell’etnografo al suo oggetto” (Fabietti, 2012, p. 117).

 Il quaderno di campo è, quindi, utile all’antropologo per avvicinarsi progressivamente all’Altro. Ma raggiunto questo fine, il quaderno di campo non serve più?

Sul sito del Council for the Preservation of Anthropological Records sono conservati numerosi dati etnografici provenienti da quaderni di campo di alcuni antropologi. Questi dati, oltre a servire da ispirazione, possono essere utilizzati nelle ricerche di altri antropologi? È questa la domanda lasciata aperta durante la nostra discussione.

Esempio di quaderno di campo
Per quanto riguarda l’accademia, invece, è indispensabile saper trasformare questi dati grezzi raccolti sul campo in conoscenze utili per la comunità scientifica. Tradurre i propri dati in concetti accademici è molto problematico. L’antropologo spesso è costretto a sacrificare storie di vita, dialoghi e lunghe descrizioni, che caratterizzano la sua ricerca, in favore di uno stile più conciso e lineare, al fine di vedere pubblicati i suoi lavori.

Del resto, sono sacrifici che secondo Boyer (2016) è necessario fare, in quanto, al giorno d’oggi pubblicare articoli accademici è di fondamentale importanza per la “sopravvivenza professionale” di un antropologo. Quando si dice: “publish or perish”!

Secondo Remotti, come riportato in un’intervista rilasciata a Francesco Vietti, la scrittura struttura la vita sul campo. Durante le fasi di osservazione, lo scrivere non deve essere motivo di distacco, ma di coinvolgimento con i presenti. Quando la scrittura diventa un momento intimo, la riflessione privata si trasforma in una circostanza in cui “si tirano fuori dal magma emotivo gli snodi concettuali”, sostiene Remotti. La scrittura, rispetto al pensiero, è unidirezionale e ci aiuta a creare un filo conduttore tra i nostri pensieri e a collegarli con le osservazioni etnografiche e i testi di altri autori.

L’antropologo può anche scegliere di diffondere le proprie conoscenze oltre l’ambito scientifico, come scrive Wulff (2016). Per Helena Wulff, pubblicare articoli su giornali non accademici è stato un modo per rendere le proprie ricerche di facile accesso e in questo modo ricambiare le persone che le hanno permesso di fare etnografia.
Anche secondo Aime, intervistato da Francesco Vietti, la divulgazione non è banalizzazione, ma significa tradurre il dibattito accademico in qualcosa di leggibile.

In ogni caso, lo scrivere, che sia sul diario o che sia per contesti accademici e non, comporta la nascita di una relazione sia con se stessi che con l’Altro. Scrivere non è una attività solitaria. Quando si scrive bisogna pensare al lettore, come afferma Viazzo in una intervista rilasciata a Francesco Vietti. Ogni volta che si scrive ci si deve domandare: per chi scrivo?

Bibliografia 

Boyer D., 2016, "The Necessity of Being a Writer in Anthropology Today", in Wulff H., 2016, The Anthropologist as a Writer. Genres and Contexts in the Twenty-First Century, Berghahn, New York.
Clifford J., Marcus G. E., 1986, Writing Culture: The Poetics and Politics of Ethnography, University of California Press.
Fabietti U., 2012, Antropologia culturale. L’esperienza e l’interpretazione, Editori Laterza, Lecce.
Fabietti U., Matera V., 1997, Etnografia: Scritture e rappresentazioni dell’antropologia, Carrocci, Roma.
Wulff H., 2016, The Anthropologist as a Writer. Genres and Contexts in the Twenty-First Century, Berghahn, New York.

mercoledì 2 maggio 2018

Percorsi di studio, ricerca e formazione post-laurea

DACSdiaries ospita qui di seguito il primo post a cura degli studenti del Corso di laurea magistrale in Scienze Antropologiche ed Etnologiche dell'Università di Milano Bicocca. Ne sono autori: Paolo Molteni, Serena Saligari e Giulia Canzi, che ringraziamo!

Lo scorso 18 aprile si è tenuto presso l’Università degli studi di Milano-Bicocca un incontro sui percorsi di studio, ricerca e formazione post-laurea rivolto a noi studenti della magistrale e organizzato in collaborazione col DACS – Dottorato di Antropologia Culturale e Sociale della Bicocca. Le tematiche affrontate in questo appuntamento possono essere riassunte in tre aree principali: il dottorato di antropologia e il modo in cui ci si deve preparare per affrontare il passaggio dalla magistrale a questo percorso di studio; la stesura di un articolo scientifico e il processo di selezione attuato dalle redazioni di riviste del settore; l'antropologia e il mondo del lavoro, concentrandosi sui risvolti pratici dell’antropologia applicata. 

Il primo punto è stato sviluppato grazie all'intervento della professoressa Alice Bellagamba; il secondo è stato invece discusso dalla professoressa Alessandra Brivio, che è anche redattrice della rivista scientifica Antropologia; il terzo tema è stato trattato da Marco Traversari, responsabile del Laboratorio Antropologia e mondo del lavoro e dell’ufficio Politiche Attive. Ad essi si sono aggiunti gli interventi del professor Ivan Bargna, del tutor del DACS Francesco Vietti e di alcuni tra i dottorandi.
Risultati immagini per transport en commun senegalL'intervento di Alice Bellagamba si è aperto con la presentazione del numero di dottorandi che vengono accettati ogni anno: statisticamente, i posti riservati agli studenti di antropologia nelle più importanti sedi universitarie italiane sono tra gli 8 e i 10. A questi posti se ne aggiungono altri riservati a persone provenienti dal mondo del lavoro che, in accordo con i propri datori e tramite finanziamenti privati, hanno deciso di proseguire la propria formazione con un dottorato. Successivamente, è stato presentato un utile riassunto delle competenze necessarie per poter accedere al dottorato, con una divisione tra competenze base (conoscenza della lingua inglese e/o di altre lingue straniere e una buona conoscenza della tecnologia), competenze specifiche (relative alla storia dell’ antropologia e alla capacità di stendere bibliografie tematiche) e, ultimo ma non ultimo, doti personali (quali l'autodisciplina, la motivazione, il desiderio di stare sul campo, il saper stare da soli, etc). Come è emerso dall’esperienza personale dei dottorandi che sono intervenuti successivamente, centrali per ottenere queste competenze sono le esperienze effettuate prima di accedere al dottorato: corsi di perfezionamento, esperienze nel mondo del lavoro, master non sono pensati come meri riempitivi del curriculum studiorum, ma come percorsi atti a fornire le competenze necessarie a muoversi verso il dottorato.

Risultati immagini per strade kleeAlessandra Brivio ha iniziato il suo discorso con una breve presentazione di come si debba scrivere un articolo scientifico, sottolineando l’importanza di una domanda di ricerca precisa cui si vuole rispondere e ricordando che per certi aspetti la stesura di un articolo può essere più difficile rispetto a quella di una tesi di dottorato, causa tempi più ristretti e necessità di sintesi.
Dopo aver nominato una serie di riviste antropologiche catalogate in Italia come "riviste A" - tra  cui Antropologia, ANUAC, Lares, Antropologia Museale, Archivio Antropologico Mediterraneo e DADA -  sono state spiegate le dinamiche attraverso cui viene valutato se un articolo è pubblicabile oppure no: dopo una prima selezione da parte della redazione della rivista, il testo viene inviato a due revisori esterni specializzati sul tema che devono dare un giudizio autonomo e suggerire eventuali correzioni. Qui emerge la centralità della negoziazione, con un ruolo di labor limae utile ad accordare il proprio discorso con gli interessi dell'accademia. Tale lavoro, tuttavia, è lungo e può passare molto tempo prima che un articolo venga pubblicato. Pertanto, per poter effettuare un primo confronto con altri antropologi, può essere utile partecipare a conferenze e incontri, in cui esporre la propria tesi e i propri ambiti di ricerca al fine rielaborarli e ridiscuterli. La professoressa Brivio ci ha consigliato di iniziare a cimentarci con la scrittura di recensioni di libri, articoli e altri lavori antropologici prima di passare all’esposizione delle nostre idee e di provare a proporsi, almeno per i primi tempi, a riviste non di prima classe. Da quest'ultimo suggerimento è emerso come, in passato, la facoltà magistrale avesse una rivista di antropologia gestita dagli studenti. Questo ricordo è stato anche un momento di critica verso noi studenti, tacciati di essere poco comunitari e molto individualisti: le attività svolte grazie alla rappresentanza studentesca, oggi più che mai, vengono poco prese come opportunità. 

Infine, l’intervento del professor Traversari era volto a presentare l’Ufficio per le Politiche Attive, che si occupa di fornire agli studenti un supporto sia didattico che personale per lo sviluppo dei propri interessi e delle proprie attitudini. L’ufficio è aperto il giovedì dalle 15.30 alle 17.30 e si propone di dare consigli mirati riguardo la stesura della tesi, gli ambiti di ricerca, la ricerca di lavoro in ambito antropologico, i percorsi di studio post laurea. 
Il laboratorio da lui tenuto, Antropologia e mondo del lavoro, che può essere scelto dagli studenti del 2° anno per l’acquisizione dei crediti Altre conoscenze, cerca di presentare alcuni campi di applicazione dell’Antropologia alternativi alla ricerca accademica, tra cui il mondo dell’insegnamento, del marketing, dell’educazione.