Il seminario del professor
Remotti tenutosi in data 13 e 20 Marzo, dal titolo "Comparazione e trasversalità nel sapere antropologico", è stata un'occasione di riflessione
su temi che, sebbene già affrontati in passato, è sempre utile e fruttuoso
ripercorrere insieme.
Uno dei punti più
interessanti messi in luce dal professor Remotti, sia durante il seminario sia negli scritti precedentemente proposti ai dottorandi del DACS, riguarda la pericolosità insita in un
atteggiamento antropologico troppo particolaristico. Se la critica mossa da
Leach a Malinowski è di essere "troppo trobriandese", troppo “dentro” le dinamiche
trobriandesi, è pur vero che non è semplice far dialogare nell'ottica della trasversalità e del connessionismo più ambiti di ricerca.
Attraverso un uso fruttuoso delle somiglianze di famiglia proposte da Wittgenstein è però possibile connettere più contesti differenti su argomenti simili operando di fatto una trasversalità di ricerca: ciò permetterebbe di evitare di imbattersi in quella che fu definita da Leach come una "collezione di farfalle". Il rischio già allora all'orizzonte era quello di contribuire ad un sapere puramente monografico e particolaristico che non era in grado di dialogare con altre realtà, altre storie ed altre etnografie: come evidenziato anche da Evans-Pritchard vi era, e tutt'ora è presente, il pericolo di una frammentazione dell'antropologia.
Il secondo punto interessante della riflessione messo in luce durante il seminario riguarda tutto l’excursus storico dell’antropologia da parte del
professor Remotti. Sebbene anche nei libri indicati in preparazione al
seminario ci fosse questa attenzione, è stato molto apprezzato il ritorno alla
spiegazione dei sistemi di parentela di Morgan in quanto nucleo originario da
cui si fa derivare il pensiero antropologico: l’idea di possibilità insita
nell'identificazione dei sistemi di parentela (per cui nessun sistema è unico,
universale o necessario) è ciò che rende possibile pensare all’"altro”. Il sistema di parentela non è stato usato
come semplice espediente ma ha fatto sì che fosse possibile ripercorrere mentalmente tappe
fondamentali del percorso antropologico: con Kroeber è stata posta in essere
una critica ai criteri con cui si identificano i sistemi e con Lévi-Strauss si
è fatta strada l’idea che nessun sistema possa essere studiato da solo e che lo
strutturalismo sia “contro la solitudine dei sistemi”. Questa forte presa di
posizione contro l’”inscatolamento” dei contesti socio-culturali e contro i
famosi “collezionisti di farfalle” appare necessario anche attualmente: il
rischio evidenziato durante il seminario, attraverso le parole di diversi
antropologi, è quello di rimanere bloccati all'interno di una specifica
dinamica culturale senza essere in grado di utilizzare quell'oscillazione
propria della ricerca antropologica.
Concludendo, se è vero che il “giro più lungo è spesso la via più breve per tornare a casa” nelle parole di Kluckhohn, questo seminario ci ha permesso di fare un lungo giro storico per permetterci di tornare a casa, cioè al nucleo iniziale del pensiero critico antropologico ossia quello marcato dalla possibilità di pensare concretamente l’altro.
Concludendo, se è vero che il “giro più lungo è spesso la via più breve per tornare a casa” nelle parole di Kluckhohn, questo seminario ci ha permesso di fare un lungo giro storico per permetterci di tornare a casa, cioè al nucleo iniziale del pensiero critico antropologico ossia quello marcato dalla possibilità di pensare concretamente l’altro.
Remotti, F., Per un'antropologia inattuale, Elèuthera, 2014
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