lunedì 6 febbraio 2017

I seminari del DACS: “Campo: Foucault e Bourdieu”

Dopo lo scorso seminario dedicato al “campo della scrittura”, il 25 gennaio noi dottorandi del DACS abbiamo condotto una riflessione sulla nozione più generale di campo. Scopo della lezione, magistralmente tenuta dal Prof. Carmagnola, era infatti di delineare le caratteristiche del campo in quattro ambiti diversi: in antropologia, nel pensiero di Foucault, in quello di Bourdieu e infine nella sua dimensione estetica. La considerazione di domini diversi nei quali questo concetto s’inscrive e quindi la sua definizione plurale, ha permesso di approcciare l’immagine del campo nella sua complessità e diversità.

Nella prima parte del seminario il Prof. Carmagnola ha affrontato l’ambito antropologico, prendendo come riferimento il libro “Filosofia delle scienze umane” di Silvana Borutti. Seguendo una divisione tripartita, il concetto di campo è stato analizzato nel contesto di diversi modelli storici: positivista, costruzionista e testualista. Quest’ultimo, facente capo agli scritti di Clifford Geertz, è stato maggiormente approfondito, e ci ha permesso di proseguire il dibattito sulla relazione tra campo e scrittura, inducendo a una prima definizione di campo come “testo parlante”.

Nel pensiero di Foucault, il campo si caratterizza invece come un a priori storico, la cui critica deve avere carattere genealogico: a quali condizioni un enunciato appartiene al campo del vero? La nozione di campo viene quindi accostata a quella di archivio, confinante, diventando lo sfondo della coesistenza enunciativa. La sua funzione è quella di costruire dei territori che permettano ai singoli discorsi di entrare o non entrare, di essere accettati o rifiutati: si configura quindi come un dispositivo di controllo. Tutti gli enunciati che si trovano dentro il campo vengono così definiti come veri, al contrario di quelli esclusi, i quali, pur trovandosi all’esterno possono essere potenzialmente accettati in futuro, innovando e ridefinendo l’interno.

Questa definizione foucaultiana ci ha portato a riflettere sulla fragilità del campo e sulla mobilità dei suoi confini. Inoltre, mettendo in relazione questo termine con quello di “cultura” abbiamo potuto costatare la ricchezza che questa definizione può portare negli studi antropologici.

Il Prof. Carmagnola si è poi soffermato brevemente sulla specifica dimensione estetica del campo, inteso come “campo del sentire”. Come filosofo, una delle domande principali della sua ricerca è che cosa governi e renda legittima la presenza di manufatti, definibili anche come beni simbolici, nel campo dell’estetica.

Non avendo però molto tempo a disposizione, la riflessione si è spostata velocemente al pensiero di Bourdieu e alla sua contestazione dell’idea foucaultiana. La sua critica è fondamentalmente di tipo materialistico: Foucault è stato astratto, trattando l’episteme come se fosse indipendente. Con un ragionamento d’ispirazione marxista, Bourdieu propone invece l’ambito sociale come fondatore del discorso, spostandosi dal piano epistemico a quello sociale. Il campo è quindi definito come “una rete di relazioni oggettive tra posizioni” o anche come “un campo di forze che agiscono su tutti coloro che vi entrano in maniera differenziale a seconda della posizione che essi occupano”.

Il seminario si è concluso con delle riflessioni sulla relazione tra il campo e il soggetto nei due autori citati: essendo il soggetto influenzato dal campo, chi governa il campo? È interessante sottolineare che per Foucault il campo è acefalo, anonimo, quindi la domanda “chi governa il campo?” è impropria. Il pensiero di Bourdieu lascia invece più spazio alla soggettività: il campo viene infatti riprodotto e attualizzato dal soggetto.

L’incontro con il Prof. Carmagnola ci ha permesso non solo di approfondire una nozione centrale alle nostre ricerche, ma di riflettere sulla costruzione dei saperi, sui confini e sul concetto di vero, attraverso il confronto di due esempi autorevoli.

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