Dopo
lo scorso seminario dedicato al “campo della scrittura”, il 25 gennaio noi
dottorandi del DACS abbiamo condotto una riflessione sulla nozione più generale
di campo. Scopo della lezione, magistralmente tenuta dal Prof. Carmagnola, era infatti
di delineare le caratteristiche del campo in quattro ambiti diversi: in
antropologia, nel pensiero di Foucault, in quello di Bourdieu e infine nella
sua dimensione estetica. La considerazione di domini diversi nei quali questo
concetto s’inscrive e quindi la sua definizione plurale, ha permesso di approcciare
l’immagine del campo nella sua complessità e diversità.
Nella
prima parte del seminario il Prof. Carmagnola ha affrontato l’ambito
antropologico, prendendo come riferimento il libro “Filosofia delle scienze
umane” di Silvana Borutti. Seguendo una divisione tripartita, il concetto di
campo è stato analizzato nel contesto di diversi modelli storici: positivista,
costruzionista e testualista. Quest’ultimo, facente capo agli scritti di Clifford
Geertz, è stato maggiormente approfondito, e ci ha permesso di proseguire il
dibattito sulla relazione tra campo e scrittura, inducendo a una prima
definizione di campo come “testo parlante”.
Nel pensiero di Foucault, il campo si
caratterizza invece come un a priori
storico, la cui critica deve avere carattere genealogico: a quali condizioni un
enunciato appartiene al campo del vero? La nozione di campo viene quindi
accostata a quella di archivio, confinante, diventando lo sfondo della
coesistenza enunciativa. La sua funzione è quella di costruire dei territori
che permettano ai singoli discorsi di entrare o non entrare, di essere
accettati o rifiutati: si configura quindi come un dispositivo di controllo. Tutti
gli enunciati che si trovano dentro il campo vengono così definiti come veri,
al contrario di quelli esclusi, i quali, pur trovandosi all’esterno possono
essere potenzialmente accettati in futuro, innovando e ridefinendo l’interno.
Questa
definizione foucaultiana ci ha portato a riflettere sulla fragilità del campo e
sulla mobilità dei suoi confini. Inoltre, mettendo in relazione questo termine
con quello di “cultura” abbiamo potuto costatare la ricchezza che questa
definizione può portare negli studi antropologici.
Il
Prof. Carmagnola si è poi soffermato brevemente sulla specifica dimensione
estetica del campo, inteso come “campo del sentire”. Come filosofo, una delle domande
principali della sua ricerca è che cosa governi e renda legittima la presenza
di manufatti, definibili anche come beni simbolici, nel campo dell’estetica.
Non
avendo però molto tempo a disposizione, la riflessione si è spostata
velocemente al pensiero di Bourdieu e alla sua contestazione dell’idea foucaultiana.
La sua critica è fondamentalmente di tipo materialistico: Foucault è stato
astratto, trattando l’episteme come se fosse indipendente. Con un ragionamento
d’ispirazione marxista, Bourdieu propone invece l’ambito sociale come fondatore
del discorso, spostandosi dal piano epistemico a quello sociale. Il campo è
quindi definito come “una rete di relazioni oggettive tra posizioni” o anche
come “un campo di forze che agiscono su tutti coloro che vi entrano in maniera differenziale
a seconda della posizione che essi occupano”.
Il seminario si è concluso con delle
riflessioni sulla relazione tra il campo e il soggetto nei due autori citati:
essendo il soggetto influenzato dal campo, chi governa il campo? È interessante
sottolineare che per Foucault il campo è acefalo, anonimo, quindi la domanda
“chi governa il campo?” è impropria. Il pensiero di Bourdieu lascia invece più
spazio alla soggettività: il campo viene infatti riprodotto e attualizzato dal
soggetto.
L’incontro
con il Prof. Carmagnola ci ha permesso non solo di approfondire una nozione
centrale alle nostre ricerche, ma di riflettere sulla costruzione dei saperi,
sui confini e sul concetto di vero, attraverso il confronto di due esempi autorevoli.
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