"I haven't strength of mind not to need a career", Ruth Benedict used to say, with a rueful smile, during her first years in anthropology.
No, questo post non è una recensione del volume curato nel 1959 da Margaret Mead... ma le parole di Ruth Benedict che aprono il primo capitolo del volume possono ben fungere da epigrafe per l'incontro che la scorsa settimana i dottorandi del DACS hanno dedicato a discutere di un tema a tutti noi assai caro: il rapporto tra la nostra disciplina, il dottorato di ricerca e il mondo del lavoro.
Lo spunto per introdurre la riflessione ci è stato fornito da due recenti iniziative organizzate alla Bicocca: la Milano Anthropology Week, promossa dal Corso di Laurea Magistrale in Scienze Antropologiche ed Etnologiche (per chi se la fosse persa... ne trovate notizia sul sito del Dipartimento, ma se seguite il link qui sopra la vedrete raccontata sul blog "il lavoro culturale", creato dai nostri colleghi dell'Università di Siena... così nel frattempo gli date un'occhiata!) con l'obiettivo di stimolare l'incontro, confronto e scambio tra studenti, laureati in antropologia e “parti sociali”, ovvero imprese, aziende, cooperative, enti e istituzioni che, consapevolmente o meno, sono in cerca delle competenze e conoscenze degli antropologi per i loro progetti e attività.
Il secondo evento che ha mosso la nostra discussione è stato il Career Day dell'Università, tenutosi il 23-24 novembre e promosso dall'Ufficio Job Placement dell'Ateneo. Alla giornata, che prevedeva uno specifico spazio per gli studenti del dottorato, hanno preso parte alcuni dottorandi del DACS. Giacomo, Giuseppe e Raul hanno così avuto modo di condividere la propria esperienza con tutti noi, soffermandosi anche sulla partecipazione ai colloqui di lavoro sostenuti. Insieme alla professoressa Alice Bellagamba, presente all'incontro, ci siamo dunque chiesti in che modo nel corso di questo anno di DACS possa essere rafforzata l'attitudine dei dottorandi nello sviluppare capacità e competenze specifiche e trasversali che possano aiutarli a incontrare il mondo del lavoro anche fuori dall'università. Mentre il percorso professionale e umano legato alla ricerca richiede una sempre maggiore specializzazione, dedizione e qualità nel raggiungere standard sempre più alti e restrittivi a livello internazionale, è possibile anche guardare ad un altro genere di percorso, che radichi il ricercatore al territorio, che punti all'allargamento delle reti e delle conoscenze di base. Una scelta non secondaria nè di ripiego, giacchè è proprio tramite l'inserimento degli antropologi nei più diversi settori professionali e nei più vari territori che l'antropologia può aumentare il suo impatto sociale, la sua capacità trasformativa nei confronti della società.
Oltre a interrogarci, come siamo soliti fare, sulla nostra identità disciplinare e lamentarci forse troppo spesso di non essere riconosciuti come antropologi in quanto tali nel mondo del lavoro, occorre dunque chiederci in modo molto franco cosa sappiamo fare, cosa conosciamo, che contributo possiamo dare nel contesto dove vorremmo lavorare, quali competenze possiamo spendere in un curriculum o in un colloquio. Nel corso dell'incontro sono state avanzate diverse proposte, alcune delle quali riguardano anche il possibile utilizzo del blog DACSdiaries come strumento di comunicazione.
- Si è proposto di lavorare su competenze trasversali quali il trattamento e l'archiviazione dei dati sensibili, saperi tecnici legati alla questione della valutazione etica della ricerca;
- di invitare alcuni dottori di ricerca che hanno svolto il dottorato in antropologia alla Bicocca affinché ci vengano presentati i loro percorsi professionali e le loro modalità di accesso al mondo del lavoro;
- di valorizzare le reti e i contatti che gli attuali dottorandi hanno e che hanno sviluppato ancor prima di entrare nel DACS. In questo modo potranno essere coinvolti come relatori di incontri da realizzarsi nel 2017 esponenti delle parti sociali di ambiti professionali di interesse dei dottorandi stessi;
- di coltivare la collaborazione con ANPIA, l'Associazione Nazionale Professionale Italiana di Antropologia, costituitasi a inizio 2016 con l'obiettivo di riconoscere, valorizzare, tutelare e comunicare le professioni antropologiche nella società.
Il dottorato sta rapidamente cambiando, così come ciò che ci si aspetta dagli (aspiranti) antropologi in questo periodo cruciale della propria formazione e della propria vita. Se certamente il dottorato continua a essere per tutti noi una sorta di "rito di passaggio" è pur vero che dobbiamo porci anche obiettivi pratici e solo in apparenza "minimi": ad esempio che il curriculum di un dottore di ricerca sia più ricco e vario di quello che aveva quando è entrato come dottorando al primo anno; che il suo bagaglio di conoscenze, legami ed esperienze si sia ampliato, e non impoverito; che dopo aver assorbito con intraprendenza il mondo nella propria antropologia, sia pronto a restituire col medesimo entusiasmo la propria antropologia al mondo.
Non si tratta che dell'inizio di una riflessione che porteremo avanti per tutto l'anno... quindi chi non era presente all'incontro non si senta escluso... anzi intervenga per portare le proprie idee e proposte! In fondo,parafrasando Ruth Benedict, nessuno di noi ha tanta forza d'animo da non chiedersi fin d'ora che lavoro farà il giorno dopo aver conseguito l'ambito titolo di Dottore di ricerca in antropologia!
Nessun commento:
Posta un commento