lunedì 2 gennaio 2017

Abitare le crisi. Note dal IV Convegno di Antropologia Applicata


Tra il 19 e il 21 Dicembre del 2016 si è svolto presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell'Università degli Studi di Trento il IV Convegno Nazionale della Società Italiana di Antropologia Applicata. La Società Italiana di Antropologia Applicata (SIAA), costituita nel 2013, è un’associazione di antropologi e antropologhe, che operano presso enti privati e pubblici studiando con fini applicativi e con approcci efficaci e innovativi le realtà sociali, culturali, multi-etniche, multi-religiose e ambientali della contemporaneità. Per il IV Convegno Nazionale, il cui titolo evocativo era "Politiche, diritti e immaginari sociali: sfide e proposte dell'antropologia pubblica", i soci della SIAA, coordinati dall'antropologo Marco Bassi, hanno organizzato dieci sessioni di discussione. I panel si concentravano su differenti tematiche di indubbia attualità, tra cui l’accoglienza dei migranti, l'impatto della crisi economica e i problemi urbani nel contesto europeo, le pratiche turistiche, il cambiamento climatico, le certificazioni in campo agricolo e l'emergere di nuove forme di famiglia. 


Al convegno ha partecipato un nutrito gruppo di dottorandi, ricercatori e docenti del nostro dipartimento, confermando così non solo l'importanza attribuita alla riflessione sulle forme della contemporaneità nella nostra comunità milanese, ma anche la centralità e la necessità della costruzione di una sapere antropologico pubblico e applicativo. Personalmente ho contribuito all'evento organizzando, insieme all'antropologo Luca Rimoldi, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell'Università di Milano-Bicocca, e Silvia Pitzalis, antropologa, dottoressa di ricerca presso l'Università degli Studi di Bologna, una sessione di discussione dal titolo "Abitare le crisi. Cittadinanza attiva, dissenso e nuove forme di welfare". La proposta si è fondata su una riflessione comune che ha attraversato i nostri differenti campi di ricerca (politiche abitative e movimenti per la casa a Milano nel mio caso, memoria e marginalità urbana nel contesto milanese per Luca Rimoldi, antropologia dei disastri per quanto riguarda Silvia Pitzalis). Ovvero, l'ipotesi che per comprendere le trasformazioni, le contraddizioni e le configurazioni dello scenario socio-culturale attuale, la casa – e più in generale le differenti pratiche dell’abitare – costituiscano un riferimento estremamente significativo. Poiché la casa, come sosteneva il filosofo Bachelard, rappresenta il “nostro primo universo”, quando la possibilità di viverla viene a mancare, le concezioni e i valori di riferimento entrano in crisi. Partendo da questi presupposti, nel corso della sessione abbiamo esplorato la contemporaneità e i suoi mutamenti attraverso una prospettiva particolarmente significativa per l'antropologia applicata: l’abitare contemporaneo in relazione alle pratiche di partecipazione dal basso, di cittadinanza attiva e di dissenso. Ipotizziamo infatti che queste pratiche acquistino grande interesse pubblico se intese come complesse risposte individuali o collettive al restringimento delle politiche di welfare e di governance entro contesti di crisi.


La discussione è stata animata dalla presentazione di nove riflessioni etnografiche sul tema riportate da ricercatori e ricercatrici provenienti da diverse università italiane e straniere. Il panel è stato suddiviso in tre sessioni tematiche: agency e forme dell'abitare contemporaneo; cittadinanze attive, modelli di governance e critica sociale; dispositivi di controllo e tattiche di riappropriazione dello spazio. Nella prima sessione Carmelo Russo (Università degli Studi di Roma "La Sapienza) ha analizzato l'esperienza artistica e abitativa di Metropoliz, “città meticcia” che sorge in una ex fabbrica di salumi a Roma, e del MAAM, Museo dell'Altro e dell'Altrove. Laura Mugnani, dottoranda dell'Università di Genova, ha analizzato il ruolo dei migranti nelle occupazioni abitative romane e Stefano Portelli (Università degli Studi di Roma "La Sapienza") ha condotto una riflessione sulla governance degli spazi informali nella zona di Ostia (Roma). Per concludere la sessione, Tommaso Turolla, laureato in Antropologia presso l'Università di Milano-Bicocca, ha riportato il caso del quartiere Lorenteggio-Giambellino (Milano), facendo emergere la complessa interazione tra movimenti sociali, abitanti e politiche di riqualificazione. Nella seconda sessione Beatrice del Monte (Università degli Studi di Milano) e Victoria Sachsé (Université de Strasbourg) hanno ragionato sul ruolo dell'agricoltura in città come pratica di riappropriazione dello spazio pubblico, riportando il caso romano. Marco Gottero (De Montfort Unviersity, Leicester) ha portato invece alcune importanti riflessioni su delle pratiche economiche informali emerse ad Atene nell'epoca della crisi economica: pratiche che l'autore ha definito resistenziali e innovative. In ultimo Erika Lazzarino (Dynamoscopio, Milano) ha condiviso una raffinata analisi teorica del concetto di innovazione sociale e del suo utilizzo nell'ambito della progettazione sociale. Nella terza sessione prevista, Maria Grazia Gambardella, sociologa dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca, ha analizzato il ruolo dei centri sociali a Milano, intendendoli come spazi politici e formativi nell'esperienza di alcuni giovani residenti a Milano. Infine, Rita Ciccaglione, dottoranda in antropologia dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", ha presentato le pratiche di opposizione e di fruizione dello spazio di un gruppo di giovani aquilani a seguito del terremoto che ha colpito l'area nel 2009. 


Per concludere, le giornate di discussione sono state dense e feconde. Le differenti esperienze etnografiche riportate ci hanno invitato a riflettere sull'importanza che queste pratiche abitative, intese nel loro senso più ampio di riappropriazione e gestione del proprio contesto di vita, possono avere in momenti di grave crisi economica e socio-politica. L'apporto che l'antropologia può dare alla società non deve dunque limitarsi alla valorizzazione analitica e testuale di queste esperienze, ma deve fondarsi sulla capacità applicativa di costruire strumenti di condivisione e dialogo anche per coloro che tecnicamente e politicamente gestiscono i tempi e gli spazi della crisi. Secondo questa prospettiva tutte le esperienze riportate sono emblematiche e raccontano di territori e abitanti che creativamente tentano di dare senso e significato ad un momento storico di cambiamento e crisi. Per dirla con Gramsci, queste esperienze danno un senso condiviso a quel momento in cui "il vecchio muore e il nuovo non può nascere". 

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